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Cos’è il Bambino non OK

Quali sono le conseguenze del senso di inadeguatezza che si imprime nello stato dell'io Bambino nei primi anni di vita ("Bambino non OK").
Articolo pubblicato il: 01/08/2022
giovane pensieroso seduto a terra

Photo by Unsplash

Premessa

Anche in questo articolo, quando uso il termine “bambino” con la iniziale minuscola, intendo proprio un bambino nei sui primi anni di vita, quando uso il termine “Bambino” con l’iniziale maiuscola, intendo lo stato dell’io Bambino del modelle G-A-B di Eric Berne.

I due racconti presentati di seguito sono tratti dalla mia esperienza personale.

Al supermercato

cestino rosso per la spesa

Fila alla cassa del supermercato.

Davanti a me un papà con il figlio di circa 3 anni.

Invece del solito carrello della spesa hanno uno di quei cestini rossi con le ruote e il manico.

Al loro turno di mettere la spesa sul nastro della cassa, il bambino dice “faccio io”, prende le cose dal cestino e le mette sul nastro, che è più o meno all’altezza del suo naso.

Il padre benevolo lascia fare, supervisionando l’operazione.

Al momento del vasetto di marmellata, il papà si china e segue l’azione tenendo una mano sotto, che non succeda che cada e si rompa.

E il bambino, offeso: “sono capace!”

Sottopasso di Mestre

Stavo percorrendo il sottopasso della stazione dei treni di Mestre quando notai un basso signore di una certa età, in compagnia della moglie e di una grossa valigia su rotelle.

Era ai piedi della scala che porta ai binari e ne osservava la cima, come a valutare bene lo sforzo, prima di accingersi a compierlo.

Pochi passi e gli fui accanto: “Posso aiutarla a portare su la valigia?”

Sollevò un po’ la testa per guardarmi dritto negli occhi. Poi, forse offeso dal fatto che fosse così evidente la sua perplessità di fronte alla scala, disse, perentorio: “Posso farcela da solo”.

Siamo tutti fatti così: vogliamo sentirci “up”, vogliamo pensare che possiamo farcela da soli, che siamo indipendenti, autosufficienti. Disposti ad aiutare, ma più difficilmente disposti ad ammettere di avere bisogno di aiuto…

“Ne sono sicuro!” risposi con un sorriso, “ma così mi fa sentire utile”.

Da circospetto, il suo sguardo mi parve diventare furbo, poi divertito.

Con la mano fece un gesto verso la valigia, come si fa quando si vuole invitare una persona ad accomodarsi, poi mi seguì su per le scale, porgendo il braccio alla sua signora.

Arrivati sopra, mi tese la mano, e io, posata la valigia, gliela strinsi, come si fa tra uomini che si rispettano.
“Grazie!” disse il signore.

E io scommetterei che la riconoscenza non era solo per l’aver risolto il problema delle scale, ma anche per il riguardo che avevo dimostrato alla persona.
“Fate buon viaggio!” risposi.

Allontanandomi pensavo: “Bella mossa, hai rimodellato la situazione come se non fossi tu a fare un favore al signore, ma fosse lui a farlo te, facendoti sentire utile… ma come t’è venuta in mente quella risposta, così su due piedi?”

Ripensai a quella stretta di mano e mi sentii bene. In fin dei conti, avevo detto solo la verità.

Il problema: il senso di inadeguatezza del bambino

Nei primi anni di vita, il bambino si rende conto di aver bisogno dei genitori per qualunque cosa, dall’allacciarsi le scarpe al cambiare le batterie al giocattolo, ma di non essere utile a nessuno: tutti sanno far qualcosa e mettono questa capacità a disposizione della famiglia, ma lui invece non è in grado di aiutare nessuno.

Ecco che i bambini, già prima di compiere i due anni, cercano di replicare quello che fanno i loro genitori.

Devono però fare i conti con la loro inesperienza e i loro limiti fisici: fuori dal supermercato, un bambino piccolo vede che il padre prende una confezione di 6 bottiglie d’acqua con una sola mano e la mette nel bagagliaio dell’auto senza apparente sforzo. Ci prova anche lui e riesce si e no a sollevarla di qualche centimetro. Sviluppa così due convinzioni:

  • mio papà è fortissimo,
  • io sono inadeguato.

Inoltre, nel cercare di replicare quello che fanno i più grandi, i bambini combinano dei guai e vengono rimproverati o puniti. In questo modo si rafforza in loro la convinzione di essere inadeguati. E questa convinzione può essere addirittura rinforzata se “il rimprovero guarda all’indietro“.

Non finisce qui: quando inizia la vita sociale (primi amici, asilo, scuola) il bambino si trova a frequentare bambini più grandi che lo mettono in situazioni di difficoltà per poi prenderlo in giro (e dimostrare così a sé stessi e agli altri che loro-sono-OK).

Infine, gli stessi educatori creano situazioni di disagio al bambino (punizioni), quando non si comporta secondo le loro attese (non è “ubbidiente”) o secondo le norme di comportamento nella vita sociale.

Per questi motivi, ogni bambino sviluppa, nei suoi primi anni di vita, un senso di inadeguatezza, che possiamo sintetizzare nella frase: io sono non-OK – gli altri sono OK. Lo possiamo anche rappresentare con un disegno:

Rappresentazione grafica dello stato "io sono non ok - gli altri sono ok"
Rappresentazione grafica dello stato “io sono non ok – gli altri sono ok”

Questa convinzione non riflette la realtà: il bambino non è inadeguato, è solo troppo piccolo per fare ciò che fanno le persone più grandi. E’ troppo piccolo, però, anche per sviluppare quest’ultima riflessione.

Tutto questo non piace al bambino, che reagisce per dimostrare a sé stesso e a gli altri di essere-OK, sia impegnandosi in alcune attività che possano causare una lode: “Guarda mamma! L’ho fatto io! L’ho fatto da solo!”, sia trovando delle motivazioni che lo rendano “migliore degli altri”: è tipico il gioco del: “ah-haa!” (“ah-haa! Io ho la palla più bella -più grande, più nuova- della tua!”, “ha-haa! Io riesco a salire quassù e tu no”).

Se i genitori / educatori danno sufficienti feedback positivi al bambino (lodano i suoi risultati, premiano i suoi successi), la sensazione di essere non-ok viene compensata e il bambino impara a gestire le situazioni di disagio e di insuccesso.

In caso contrario, se cercano di risolvere tutti i problemi che il piccolo deve affrontare (il pesce pagliaccio padre di Nemo), o forniscono numerosi feedback negativi (punizioni, critiche, giudizi sulla persona invece che sul gesto errato), la sensazione di essere non-ok tende a radicarsi.

Tuttavia, dall’osservazione sia di bambini che di noi stessi, divenuti adulti, abbiamo tratto il convincimento che gli stati d’animo NON OK superino di gran lunga quelli positivi. Ecco perché crediamo che sia ragionevole affermare che in tutti noi esiste un Bambino NON OK.

Thomas A. Harris – “io sono OK, tu sei OK” (a pag. 57 della quarta edizione bestBUR del 2015 – ISBN 9788817070478)

Una volta che il senso di inadeguatezza si è formato nel bambino, non se ne va più via. Con il tempo potrà attenuarsi, ma non scomparirà.

Lo riscontriamo in noi, quando ci rendiamo conto del nostro essere timidi, o snob, o permalosi.

Ripensiamo agli aneddoti del bambino al supermercato e del sottopasso di Mestre: «sono capace» e «posso farcela» vogliono dire: «Io sono adeguato! Non osare metterlo in dubbio!» (e l’uomo del sottopasso aveva più o meno 70 anni!). Ma è un’affermazione di cui ha più bisogno il loro «Bambino NON OK» che non l’interlocutore.

Definiamo il Bambino non OK

Il Bambino non OK

Definiamo Bambino non OK lo stato di disagio di una persona che ha una bassa autostima a causa del suo senso di inadeguatezza.

Prendiamo consapevolezza del nostro Bambino non OK

Da adulti, il Bambino non OK provoca diversi tipi di comportamento, a volte tra loro contrapposti:

  • essere timido: la paura di sbagliare e di essere deriso (come succedeva nei primi anni di vita sociale -asilo, elementari- quando gli altri sapevano fare qualcosa e io no), mi blocca, mi costringe a stare in disparte e mi rende impacciato nelle relazioni con gli altri;
  • essere disfattista: temo e osteggio le novità, non mi metto in gioco, mi rifiuto di abbandonare la mia “comfort zone” (dopo aver fatto tanto per ritagliarmi un posto che non mi fa sentire inadeguato, ho paura dei cambiamenti, perché non so se sarò in grado di gestirli…);
  • essere permaloso/orgoglioso: se qualcuno mi critica, reagisco con forza, criticandolo a mia volta, a prescindere dal fatto che l’altro abbia ragione oppure no; mi irrito se vengo contraddetto o se qualcuno “mi parla sopra”; se qualcuno cerca di darmi un consiglio lo “metto in riga”; stronco ogni tipo di battuta o di allusione relativa ai miei difetti; cerco di umiliare e mortificare gli altri;
  • essere autosufficiente: amo pensare che posso farcela da solo, che sono indipendente dagli altri, quando ho bisogno d’aiuto non lo ammetto o lo ammetto difficilmente;
  • essere acido: critico tutto e tutti, vedo la pagliuzza nell’occhio dell’altro, metto in evidenza il lato peggiore delle persone e dei fatti che avvengono, comportandomi da “vecchia zitella”;
  • fare la vittima: accuso il/la partner del fatto che non mi ascolta, non mi considera, mi dà per scontato, non si mette nei miei panni, non si cura di me (quando invece, come partner, tutte queste cose dovrebbe farle senza neanche bisogno che sia io a farle notare); mi arrabbio quando il tempo è avverso, mi indispettisco perché non vengo trattato “con giustizia”;
  • essere snob: entro in un club esclusivo, pratico sport esclusivi, posseggo/colleziono oggetti esclusivi, entro in un giro di persone che si ritengono migliori degli altri e criticano quelli che “non sanno stare al mondo” (si vestono in modo “sbagliato”, non hanno buon gusto o hanno gusti “discutibili”, non capiscono niente di…);
  • darmi importanza (per le mie ricchezze o status sociale): mi aspetto deferenza dagli altri, passo per primo, mi siedo nei posti d’onore;
  • essere vanitoso/vanaglorioso: mi compiaccio di me stesso, mi vanto delle mie imprese, esagero i miei meriti;
  • essere eccentrico: mi mostro diverso dagli altri, allontanandomi dai modi comuni; faccio di tutto per non passare inosservato.

Il bisogno di riconoscimento sociale

Una bassa autostima porta ad una bassa sicurezza interiore (secondo livello della piramide dei bisogni di Maslow).

E tanto più debole è la sicurezza interiore, tanto più acuto sarà il bisogno di riconoscimento sociale (quarto livello della piramide): non ci basta far parte di un gruppo (i bisogni di appartenenza sono al terzo livello), ma vogliamo essere riconosciuti per le nostre capacità, vogliamo essere ammirati, essere i primi della classe, in sostanza «essere i migliori» o quanto meno quel tantino sopra gli altri da suscitare la loro attenzione e stupore.

Abbiamo un bisogno costante di feedback positivi, feedback che ci assicurino che le altre persone concordano con il nostro pensiero, che ci ritengono importanti e ci stimano.

Guarda intorno a te, i comportamenti delle persone che cercano di “distinguersi”: l’auto di grossa cilindrata, il trofeo esibito, l’ampiezza della propria biblioteca o della propria cantina, la targa dorata vicino al campanello dello studio, l’enorme scrivania dell’ufficio, il vestito di firma, l’orologio placcato oro, i gioielli, il numero di amici e i like collezionati su Facebook, le vacanze esclusive, la prestigiosa collezione d’arte, perfino il mausoleo di famiglia in cimitero. Tutto ciò ci dice quanto diffuso sia il bisogno di riconoscimento sociale.

Tutti questi comportamenti (così come quelli descritti nel capitolo precedente) sono strategie messe in atto dal nostro Bambino non OK, al fine di sentirsi meglio, perché:

  • quando una persona si vede così (immagine interiore): Rappresentazione grafica dello stato "io sono non ok - gli altri sono ok"
  • agli occhi degli altri cerca di apparire così (immagine pubblica): Rappresentazione grafica dello stato "io sono ok - gli altri sono non ok"

False soluzioni messe in atto dal Bambino non OK per “sentirsi meglio”

Fin da piccolissimo e poi per tutta la vita, per combattere il senso di inadeguatezza posso adottare due tipi di comportamento che mi facciano «apparire più grande».

Il primo è quello di innalzare me stesso:

  • Guarda mamma, so andare in bicicletta senza le rotelle
  • Guarda papà, so contare fino a 10

Sviluppo i miei talenti, allargo le mie conoscenze, curo il mio fisico, mi applico in un’attività, mi alleno costantemente, faccio qualunque cosa pur di aver qualcosa da esibire per stupire gli altri, ottenere la loro ammirazione, collezionare i loro LIKE, avere successo, essere «il migliore».

Pensiamo alla popolarità di Facebook, dove posso postare una foto del meraviglioso piatto che mi accingo a mangiare, del meraviglioso posto dove sono in vacanza, o della meravigliosa persona che mi ama perché pensa che IO sia una persona meravigliosa. Colleziono LIKE per liberarmi del senso di inadeguatezza, in sostanza per poter dire: IO SONO OK.

C’è da dire che il senso di inadeguatezza è una potentissima motivazione che mi spinge a raggiungere prestazioni altrimenti impensabili. I successi che ciascuno di noi ha ottenuto sono anche merito suo.

Il secondo modo per combattere il mio senso di inadeguatezza è quello di abbassare te, ed ho molte opzioni per farlo. Ad esempio posso:

  • prenderti in giro / mettere in luce i tuoi difetti;
  • giudicarti dall’alto al basso / criticarti;
  • rimproverarti un comportamento errato;
  • oppure semplicemente ignorarti / snobbarti.

In sostanza, faccio tutto ciò che posso per poter dire: TU NON SEI OK. Infatti:

se tu sei peggiore di me, allora il mio senso di inadeguatezza fa meno male.

Il circolo vizioso di «essere migliori» degli altri

C’è una complicazione: quando provo ad innalzare me, ed esibisco tutte le mie doti per ottenere i LIKE e sentirmi meglio, le altre persone si sentiranno minacciate (appariranno “più piccole” e ciò viene interpretato come “aggressione” dal loro Bambino non OK), quindi cercheranno a loro volta di abbassarmi, per sentirsi meglio: “Datti meno arie, ma chi ti credi di essere? Vola basso. Chi si loda s’imbroda e così via”.

Ancor peggio quando io cerco di abbassare gli altri.

Regola generale

Ogni azione compiuta per apparire più grande degli altri comporterà delle reazioni in senso contrario da parte delle altre persone, dando luogo ad un circolo vizioso.

La vera soluzione: cambiare la propria immagine interiore

Così come il senso di inadeguatezza ci accomuna tutti, così anche per le false soluzioni per apparire più grandi: ne è la riprova il bisogno di riconoscimento sociale, che costituisce il quarto livello della piramide di Maslow. Tuttavia questi metodi puntano soltanto al farci apparire più “grandi” e non risolvono veramente il problema della nostra immagine interiore “piccola”.

La vera soluzione è aumentare la propria auto stima, in modo tale che io non mi senta “più piccolo” delle altre persone, in altre parole, passare dalla mappa “Io sono non OK, gli altri sono OK”, alla mappa “Io sono OK, gli altri sono OK”:

Rappresentazione grafica dello stato "io sono ok - gli altri sono ok"
Rappresentazione grafica dello stato “io sono ok – gli altri sono ok”

Fonti

Copertina del libro "Io sono OK, tu sei OK" di Thomas Harris

Il libro Io sono OK, tu sei OK
di Thomas A. Harris

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Scritto da: Alberto

Classe 1962, vivo da sempre a Padova. Lavoro nel settore dell'informatica e da alcuni anni mi interesso di Web development. Mi riconosco negli ideali del Vangelo e in quelli della sinistra, così come li ha descritti Pier Luigi Bersani nella trasmissione "Vieni via con me".

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