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La cosa davvero importante è ciò che io penso di me stesso

La cosa davvero importante non è ciò che gli altri pensano di me, ma ciò che io penso di me stesso (la mia immagine interiore).
Articolo pubblicato il: 23/09/2024

Nell’articolo Cos’è il Bambino non OK:

  • abbiamo visto che normalmente una persona cerca di compensare una bassa autostima con il riconoscimento sociale: “se gli altri pensano che io valga, allora io valgo”;
  • abbiamo anche visto che quella di “essere i migliori” non è una vera soluzione (perché agisce sugli effetti, non sulla causa, che riguarda l’immagine privata) e, anzi, rischia di diventare un boomerang.
  • Infine abbiamo visto che la vera soluzione è aumentare la propria autostima, in modo da passare dalla errata convinzione “Io sono non OK, gli altri sono OK” acquisita in tenera età, alla convinzione “Io sono OK, gli altri sono OK”.

In questo articolo vediamo che l’effettuare questo cambio di mappa riduce in modo importante il bisogno di riconoscimento e di approvazione da parte delle altre persone.

Cosa succede quando ho una bassa stima di me stesso

Esaminiamo la colonna di sinistra dello schema sopra riportato, do ve io mi vedo “non OK”: cosa succede nella mia relazione con le altre persone?

  • Se interpreto che anche tu mi consideri “non OK”, allora avrò una conferma della mia immagine negativa di me stesso: “vedi? non valgo niente, lo sapevo già, ma vedo che lo pensano anche gli altri”. Questo atteggiamento vale anche nel caso in cui gli altri mi considerino poco o mi non mi considerino affatto.
    Se io ho la convinzione di essere “non OK” e ritengo che anche gli altri pensino lo stesso di me, la mia sicurezza interiore sarà minacciata, perciò, anche se intimamente rilevo solo una conferma di una cosa che so già, il mio comportamento sarà una reazione di attacco o fuga: o reagirò con forza per dimostrare che “io valgo” (attacco), o tenderò a richiudermi (fuga).
  • Se interpreto che tu invece mi consideri OK, allora il mio senso di autostima potrebbe migliorare, ma molto più probabilmente sarò portato a pensare: “perché questa persona mi comunica di considerarmi “OK”, quando io so benissimo di non esserlo? Che voglia adularmi, blandirmi per poi estorcermi qualcosa?”.
    C’è dell’altro: se per sentirmi OK ho bisogno della approvazione degli altri, ciò significa che sto consegnando loro l’enorme potere di farmi sentire bene o meno.

come riconoscere un complimento da un’adulazione?

A proposito del dubbio se una persona ti stia o meno adulando, esiste un semplice modo per capirlo: se quella persona, dopo averti fatto un complimento, ti fa delle richieste, allora MOLTO probabilmente ti stava adulando. Se invece non ti chiede nulla, non si aspetta nulla da te, allora probabilmente si trattava di un complimento sincero.

Cosa succede quando ho alta stima di me stesso

Esaminiamo adesso la colonna di destra dello schema, dove io mi vedo “OK”.

  • se interpreto che tu mi consideri “non OK”, ne sarò sorpreso: “come mai questa persona mi comunica di considerarmi non OK”? Ma non reagirò con un attacco o fuga, al contrario, potrei cogliere un’opportunità per conoscermi meglio, o conoscere meglio un particolare aspetto del mio carattere o di ciò che mi spinge a comportarmi in un certo modo (il famoso “quadrante cieco” della finestra di Johari).
  • se mi accorgo che mi consideri poco o mi non mi consideri affatto, potrò sempre pensare: “Beh, non si può piacere a tutti, se avrò modo di approfondire la conoscenza con questa persona, potrei cercare di capire se c’è qualcosa che non va tra noi due, ma anche se non avrò questa occasione, non ci perderò il sonno: vivi e lascia vivere”.
  • se infine interpreto che tu mi consideri OK, allora avrò una conferma della mia opinione su di me, e questo mi farà stare bene.

Perché le nostre azioni non possono dipendere dal bisogno di approvazione

Sintesi

In sintesi, quindi, ciò che è veramente importante non è tanto che le altre persone pensino che io sia “OK”, bensì che lo pensi io stesso.

Ciò non significa che io non debba tenere in considerazione l’opinione delle altre persone su di me, al contrario abbiamo visto che il feedback degli altri offre importanti opportunità, significa invece che io non debba dipendere dall’approvazione degli altri per sentirmi “OK”.
Se vuoi approfondire questo aspetto, lo psicologo W. W. Dyer nel suo libro “Le vostre zone erronee” vi ha dedicato il capitolo “3. Non aver bisogno dell’altrui approvazione”.

Se sei preoccupato di ciò che potrebbero dire di te le persone, se cerchi l’approvazione degli altri, se ti accorgi che il timore di essere criticato ti blocca, potresti trovare interessante le storia seguente:

Un nonno e suo nipote intrapresero un viaggio con un asino. Il nipote aveva trascorso le vacanze con suo nonno e ora tornava a casa dei suoi genitori per ricominciare la scuola. Di tanto in tanto, il nonno o il nipote salivano sull’asino così da fare il viaggio più comodi.

Il primo giorno di viaggio arrivarono a un paesino. In quel momento il nonno stava seduto sull’asino e il nipote gli camminava di fianco. Attraversando la strada principale del paese alcune persone si arrabbiarono quando videro il vecchio sopra l’asino e il bambino a piedi. Dicevano: “Roba da matti! Che vecchio egoista! Cavalca l’asino e il povero bambino cammina”.

Uscendo dal paese, il nonno scese dall’asino. Giunsero ad un altro paese. Dato che entrambi camminavano insieme all’asino, un gruppo di ragazzi rise di loro, dicendo: “Che coppia di stupidi! Hanno un asino e, invece di cavalcarlo, camminano entrambi”.

Uscirono dal paese, il nonno fece salire il bambino sull’asino e continuarono il viaggio. Appena giunti in un altro villaggio, la gente esclamò scandalizzata: “Che bambino maleducato! Quanto poco rispetto! Cavalca l’asino e il povero anziano gli cammina di fianco”. 

Fuori dal villaggio, il nonno e il nipote salirono entrambi sull’asino. Oltrepassarono un gruppo di contadini e questi gli gridarono: “Farabutti! Non avete un cuore? Finirete per sfondare il povero animale!”.

Lasciando il paese, il nonno, dopo aver pensato per un po’, disse a suo nipote: “Come vedi, è necessario avere una propria opinione e non fare molto caso a ciò che dice la gente”.

Tratta dall’originale in lingua spagnola: http://www.elhuevodechocolate.com/cuentos/cuento63.htm

Il potere dell’invulnerabilità alle critiche

Ho fatto più volte l’esperimento di chiedere ad una persona di dirmi in faccia le offese peggiori che potesse pensare, elencarmi impietosamente i miei peggiori difetti, criticare in modo aspro le mie debolezze, il tutto per vedere di fronte a quale affermazione avrei sentito il bisogno di reagire, per “difendere il mio onore”.

Non sorprenderà se dico che, una volta capito che ciò che veramente conta è ciò che io stesso penso di me, non c’è offesa pronunciata da altri che mi possa ferire. Se io so qual è il mio valore, qualunque offesa, o critica, o accusa assume un valore relativo. Diventa semplicemente l’opinione di una persona che, tutto sommato, si potrebbe anche sbagliare sul mio conto. Perciò finisco sempre l’esperimento pronunciando con molta calma la frase: “Ti ringrazio per avermi esposto il tuo punto di vista. Mi sento libero di prenderlo in considerazione o meno”.

Un’altra cosa: se anche la persona che mi critica mette in luce un difetto “reale” (cioè un difetto che io stesso ritengo di avere), c’è di bello che non sono un sasso, posso sempre decidere di cambiare (questo atteggiamento richiede che mi sia già liberato della convinzione auto-limitante “io sono fatto così“).

Quindi, invece che aggredire la persona che ha detto “Il re è nudo” (ovvero ha solo detto una -spiacevole- verità), perché non voglio che lei o altri conoscano una parte di me di cui non sono orgoglioso, posso decidere di migliorare quel particolare aspetto del mio carattere.

Oppure no.

Se anche ho quel particolare difetto, non è quel difetto a determinare chi sono, io sono molto altro, e posso accettare di avere dei difetti, o di sbagliare in buona fede, senza per questo sentirmi “non OK”.

Diventare un «giocatore a somma diversa da zero»

La teoria dei giochi dice che ci sono due tipi di gioco, quelli a somma zero e quelli a somma diversa da zero.

Quelli a somma zero, come una partita di calcio o il gioco in borsa, prevedono che affinché uno vinca, l’altro debba perdere. Si chiamano a somma zero proprio perché uno vince solo se l’altro perde (come nelle scommesse).

Nei giochi a somma diversa da zero, invece, tutti possono vincere (o perdere). Ad esempio, al termine di un anno scolastico, tutti possono essere promossi (o bocciati). Per approfondire. vedere il capitolo “La vita come gioco” nel libro “Istruzioni per rendersi infelici” di Paul Watzlawick.

Se mi metto nell’ottica del giocatore a somma diversa da zero, non dev’esserci per forza un migliore. Posso accettare un rapporto alla pari con le altre persone: IO SONO OK, TU SEI OK.

Se mi libero dalla logica di dover essere il migliore, allora posso essere io a determinare il quando mi sentirò OK.

Questo mi permette di rendermi indipendente dalla prestazione o dal giudizio degli altri.

Ad esempio, se fisso il mio obiettivo a prendere un 8 in matematica, e ci riesco, sarò  felice del mio 8 anche se un’altra persona prende un 10, risultando «il migliore».

L’essere un giocatore a somma diversa da zero mi permette di riconoscere i miei aspetti positivi, senza per questo sentirmi migliore degli altri e quindi senza minacciare la loro autostima.

E mi permette di riconoscere gli aspetti positivi degli altri, senza sentirmi sminuito per questo.

A questo proposito: Se puoi fare un complimento ad una persona, fallo!

Se puoi fare un complimento ad una persona, fallo!

Generalmente le persone non fanno i complimenti alle altre persone, probabilmente perché è come mettere l’altra persona su un piedistallo: automaticamente ci si sente sminuiti.

Ma se sei un giocatore a somma diversa da zero, non avrai alcun problema a mettere in luce una qualità di un’altra persona. Non ti stai privando di niente. Anzi: se per caso l’altra persona ha messo te su un piedistallo, il tuo complimento tende a rimettere le cose in equilibrio (pari dignità).

Fare un complimento può essere scambiato per adulazione: adulare significa lodare una persona (spesso anche oltre il reale merito) per accattivarsi la sua simpatia o comunque per averne dei vantaggi.
Questo si chiama manipolare l’altra persona e non è una bella cosa. Un complimento è tale solo se è sincero. Per fare davvero un complimento, quindi, devi essere libero, ovvero non devi avere delle attese: stai facendo un regalo, non un investimento.

«Ma l’altra persona non può sapere se è un vero complimento o un’adulazione». E’ vero, ma tu invece lo sai chiaramente, quindi –se sei onesto–  devi agire di conseguenza.

«A volte però i complimenti mettono in imbarazzo l’altra persona». E’ vero anche questo. Qualche volta si può fare un complimento in modo spiritoso ed esagerato. E’ divertente e mette entrambi in uno stato OK. Io non dico «bravo», dico «bravissimo».
Anche «molto bene, ottimo lavoro» è un complimento, e non mette in imbarazzo nessuno.

In ogni caso, pensare una bella cosa di una persona e non dirglielo è un po’ come derubarla.

Abbandonare la pratica della lettura del pensiero

Sul filone del rendersi indipendente dal giudizio degli altri va collocata anche la decisione di abbandonare le interpretazioni di “cosa intende dire l’altra persona” sulla base della lettura del suo linguaggio non verbale o sfumature nelle sue parole (lettura del pensiero): «Mi ha sorriso, allora ricambia il mio sentimento…», «Ha usato questa parola, quindi significa che pensa che io sia…». In gergo, si dice: “farsi le pare mentali”, come nella storiella che riporto qui sotto.

Se voglio sapere cosa pensa di me una persona (ma lo voglio davvero sapere?), glielo devo chiedere, e non cercare di coglierlo da impercettibili segnali (film La verità è che non gli piaci abbastanza). Anche perché potrei avere indossato gli occhiali rosa (o neri) ed interpretare un comportamento in modo che avvalori le mie convinzioni: la mente vede ciò che vuole vedere e le profezie tendono ad auto-confermarsi. Se non ho il coraggio di chiederlo, devo concedere all’altra persona il beneficio del dubbio.

Personalmente, ho scelto di non cogliere le allusioni: se una persona vuol farmi capire qualcosa, me lo deve dire. Questo comportamento potrebbe dare all’altra persona l’impressione che sia un po’ tardo, ma non si può piacere a tutti.

Ci sono interpretazioni che non possono essere verificate, chiedendo spiegazioni all’altra persona. Ad esempio: «Questo è un castigo di Dio» (nelle sue varie forme: «Perché mi è capitato questo? Cosa ho fatto di male?» sottintende la stessa interpretazione). E’ il nostro giudice interiore a parlare: ci si auto-colpevolizza di qualcosa e non si può averne smentita. Sono le interpretazioni più subdole. E bisogna starne assolutamente alla larga.

Le annotazioni sul diario di LEI:

Domenica sera l’ho trovato un po’ strano.

Ci eravamo accordati per un drink in un bar. Siccome sono stata tutto il pomeriggio con le mie amiche a far shopping, ho pensato che era colpa mia…. sono arrivata con un po’ di ritardo; ma lui non mi ha detto nulla. Nessun commento. La conversazione non e stata un granché, allora gli ho proposto di andare in un luogo più tranquillo ed intimo.

Siamo partiti verso un bel ristorante, ma lui continuava ad essere strano. Era come assente. Ho cercato di rallegrarlo, ed ho iniziato a chiedermi se poteva essere colpa mia oppure no.
Gli ho chiesto se era a causa mia e lui mi ha risposto che io non c’entravo, ma non mi ha convinta.

Quando tornavamo a casa, in macchina, gli ho detto che lo amavo tanto, ma lui si e limitato ad abbracciarmi senza dire parola.

Non so come spiegare il suo comportamento, non ha detto nulla… non mi ha detto che anche lui mi amava… sono preoccupata di brutto! Finalmente siamo arrivati a casa; in quel momento ero convinta che lui mi volesse mollare. Ho provato a parlare, ma lui ha acceso la TV ed ha iniziato a guardarla assorto nei suoi pensieri, come cercando di annunciarmi che tutto era finito. Alla fine mi sono arresa e sono andata a letto.

Ma più o meno dieci minuti dopo anche lui è venuto a letto e, con mia grande sorpresa, ha risposto alle mie carezze, e abbiamo fatto l’amore, anche se continuava ad essere distaccato, lontano da me. Ho cercato di parlare della nostra situazione un’altra volta, di quanto accaduto, ma lui si e addormentato subito. Mi sono messa a piangere, ed ho pianto per tutta la notte fino a quando mi sono addormentata anch’io. Sono quasi convinta che lui stesse pensando ad un’altra. La mia vita è un vero disastro.•

Le annotazioni sul diario di LUI:

L’inter ha perso… meno male che almeno ho trombato.

Il racconto è presente in internet, non conosco la fonte.

Conclusioni

E’ innegabile che ottenere feedback positivi dalle altre persone aumenti la nostra sicurezza interiore, ma è un aspetto totalmente al di fuori del nostro controllo, non ci dà veramente il potere di migliorare il nostro senso di autostima.


In questo articolo abbiamo visto PERCHE’ è importante che io pensi di “essere OK”. A questo punto emerge una domanda importante: poiché tutti abbiamo un Bambino non OK (e un giudice interiore) che ci porta a pensare erroneamente “io sono non-OK”, COME facciamo a passare alla convinzione opposta? Ne parlo nell’articolo Come migliorare la propria autostima.

Fonti

Copertina del libro "Le vostre zone erronee" di Wayne W. Dyer

Il libro "Le vostre zone erronee"
di Wayne W. Dyer.

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Scritto da: Alberto

Classe 1962, vivo da sempre a Padova. Lavoro nel settore dell'informatica e da alcuni anni mi interesso di Web development. Mi riconosco negli ideali del Vangelo e in quelli della sinistra, così come li ha descritti Pier Luigi Bersani nella trasmissione "Vieni via con me".

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